16.04.2025
Agaro era un osso
Invece oggi Agaro è un lago di sbarramento artificiale in alta Ossola. A seconda di come lo pronunci si capisce quanto sei pratico dei luoghi. Eppure ho conosciuto persone che frequentano l’Ossola da anni e che mettono ancora l’accento sdrucciolo sulla prima A-.
Immagine efficace e immediata quella di un osso per definire la prosperità del luogo. Poteva venire in mente solo a chi anche delle parole fa economia, come di tutto il resto.
Per sette secoli una piccola comunità walser ha vissuto ad Agaro, tra queste montagne cupe, tra sacrifici e fatiche tali che non so immaginare. Storici e curiosi di storia locale come Enrico Rizzi, Paolo Crosa Lenz, Renzo Mortarotti, Alberto Paleari, Alessandro Zucca… ne dimentico sicuramente qualcuno, hanno studiato e scritto di loro.
Nei loro libri leggo di una montagna che sovrastava Agaro e che si chiamava Ciò Wolka (Cima delle nuvole), di nubifragi e temporali continui in estate che non facevano maturare la segale, di case distrutte o soffocate dalle nevi per 8 mesi l’anno- un inverno infinito-, e poi di valanghe, maestose e terribili: come quella del febbraio 1888, un mese in cui aveva nevicato incessantemente in tutta l’alta Ossola, che aveva distrutto quasi del tutto Agaro, con le bestie che dalla sera prima avevano capito, si racconta, e non volevano entrare in stalla per non restare schiacciate sotto il peso della neve e due bambini che dalla finestra della baita l’avevano vista arrivare, la valanga. Dopo erano rimasti solo i boschi schiantati e le case distrutte. Nonostante questo avevano ricostruito tutto quasi come prima ed erano tornati a vivere tra quelle montagne. Anche perché non credo avessero molta scelta.
Poi la scelta fu imposta
Il 24 Agosto 1930 l’Ufficio del Genio Civile di Novara espone un avviso, datato 30 Luglio, in cui si rende noto che la Società Italiana Edison aveva presentato domanda per la costruzione di un invaso di 20.000.000 di metri cubi nella piana di Agaro, comune di Premia, in data 18 Giugno 1930.
Un walser di Agaro difficilmente “scendeva” a Novara in pieno agosto, con il formaggio d’alpeggio e il fieno da fare, con le bestie da guardare e mungere due volte al giorno. Anche ammesso che per qualche ragione fosse stato costretto ad andarci, difficilmente gli sarebbe venuto in mente di controllare l’albo pretorio: perché probabilmente non sapeva leggere, sicuramente parlava meglio il tedesco dell’italiano e senza dubbio non poteva immaginare che qualcuno pensasse di allagargli la casa. Così, quando l’Ufficio del Genio Civile di Novara informò il comune di Premia delle intenzioni della società Edison, i 20 giorni di tempo concessi per legge per opporsi erano già scaduti.
Tuttavia il 31 Agosto i 39 capifamiglia di Agaro si rivolsero direttamente al Ministro dei Lavori Pubblici, cui spettava l’approvazione del progetto, in questi termini:
L’esecuzione di tale grande invaso vuol dire la completa distruzione delle nostre case, dei focolari e delle nostre modeste rurali, e private aziende agricole, che ci danno dei sani prodotti, latticini, patate, fieno, legname e buon allevamento di bestiame bovino e caprino. La frazione di Agaro, può contare circa 150 capi di bestiame bovino, e dai 150 ai 200 di capre e pecore. Questa unica nostra risorsa è situata a 1550 metri d’altitudine, e tenendo sopra tutto conto di questo portiamo a conseguenza di Vostra Eccellenza, che necesita impiegare 3 ore di strada alpestre per raggiungere la più vicina strada carrozzabile in fondovalle, questo può già bastare per dire quanto siamo affezzionati al nostro paesello. Ben riconosciamo che questa grandiosa opera è di utilità Nazionale, ma neppure bisogna dimenticare che anche la nostra povera e faticosa azienda agricola situata in luogo di non tanta discreta comodità per vivere onestamente, è pure utile per la Nazione.
Si capisce che l’appello restò inascoltato: potevano contare qualcosa 150 bovine , 200 capre e pecore, 39 famiglie in cui si parlava tedesco in pieno Fascismo? I walser di Agaro aspettarono e forse la possibilità di essere dimenticati per la prima volta fu una speranza. Ma passarono 5 anni e il 13 ottobre del 1935 il responsabile dell’ufficio Edison di Baceno si aggiudicò l’affitto di tutti i pascoli comunali di Agaro. Per 15 anni. Senza l’erba per le bestie era impossibile sopravvivere. Così l’Edison aveva creato il presupposto necessario per convincere la maggior parte degli abitanti ad accettare gli indennizzi e spostarsi a vivere altrove.
L’opera venne realizzata dall’impresa Umberto Girola di Milano. Il muro di sbarramento fu completato in poco più di due anni: quasi 150.000 metri cubi di muratura di pietrame, uno sviluppo di coronamento di 243 metri e un’altezza massima di oltre 56 metri. Un filmato Luce, della fine degli anni Trenta, documenta con la solita retorica, l’impresa.
E in effetti è una bella diga
I blocchi del muro di contenimento sono squadrati benissimo, il paesaggio che l’acqua disegna nella valle è quello a cui siamo abituati: la corona di montagne severe tutto intorno, l’azzurro-verde del lago, le belle passeggiate che partono da lì verso il Devero, Topera, Poiala. Ormai lo frequento abbastanza spesso questo posto, anche per ragioni personali. L’altro giorno mi hanno segnalato che il livello del lago era così basso che si poteva camminare tra i ruderi del vecchio villaggio di Agaro, di sbrigarmi però se volevo andare a vederlo perché l’acqua si sarebbe alzata in fretta i giorni seguenti.
Ci sono andata e non immaginavo certo di vedere tutto quello che ho visto. Si riconoscevano ancora i perimetri delle baite, le scale, i paravalanghe, i block-bau, i fornetti in pietra della Stube, gli stipiti delle porte, travi, finestre. Una cappella. Tutto come imbalsamato, ricoperto da una pellicola di limo anossico.
Mi è tornato in mente che l’autunno scorso, camminando tra il lago e Corte Verde, ho incontrato una donna, Rina, nipote e figlia di due Deini, nati e cresciuti ad Agaro. A Corte Verde Rina ci andava da bambina col padre per pascolare tra le 12 e le 14 vacche, in estate. Corte Verde ancora oggi è un incanto: ho scattato un paio di fotografie a Rina davanti al baitino in legno che appartiene ancora a sua sorella. È il più bello di tutto l’alpeggio. Il padre di Rina era nato ad Agaro, prima che allagassero la valle; il nonno era nato e aveva sempre vissuto ad Agaro. Il padre chiamava Agaro l’inferno bianco: le valanghe ti chiudevano dentro alla valle per mesi. Erano stati indennizzati dall’Edison e avevano comprato terra e casa a Crodo. Avevano cambiato vita.
Chissà che effetto fa a Rina rivedere Agaro così, in questi giorni. Chissà che effetto avrebbe fatto a suo padre.
La campana della chiesa di Agaro è stata presa molti anni fa. L’hanno messa in una cappella privata, poco lontano, ma in luogo che non è legato alla centenaria storia di questa comunità. Non discuto le intenzioni di chi allora sottrasse, o salvò, quella campana, ma concordo con chi oggi sostiene che non dovrebbe stare lì. Sarebbe più bello sentirla suonare ancora sopra le acque del lago o in uno dei paesi che hanno accolto gli eredi dei walser di Agaro.